HomeMedicina AlternativaEstratto di mirtilli combatte le infezioni difficili da trattare

Estratto di mirtilli combatte le infezioni difficili da trattare

Una recente ricerca ha rivelato che i mirtilli possono combattere le infezioni. I ricercatori in Canada hanno dimostrato che l’estratto di mirtilli, ricco di un particolare tipo di composto, ha interrotto con successo la comunicazione cellula-cellula nei batteri responsabili di infezioni difficili da trattare.

Il team della McGill University di Montreal e INRS-Institut Armand-Frappier a Laval, in Canada, ha riportato la scoperta sulla rivista Scientific Reports.

Studi precedenti hanno già dimostrato che i mirtilli contengono proantocianidine (PAC), una classe di composti con varie proprietà antibatteriche. Ad esempio, possono impedire ad alcuni batteri di attaccarsi alla parete della vescica e causare una infezione del tratto urinario.

Il nuovo studio ha cercato di scoprire se i composti presenti nei mirtilli sono in grado di controllare la virulenza dei batteri e quindi ridurre la gravità di un’infezione.

I risultati della ricerca non solo offrono nuovi indizi su come i mirtilli combattono i batteri, ma potrebbero anche portare a nuovi approcci per il controllo delle infezioni.

( Vedi anche: I mirtilli sono utili nella lotta contro l’ alzheimer).

I composti presenti nei mirtilli interrompono la comunicazione cellula-cellula nei batteri

Per il loro studio, il team ha utilizzato i moscerini della frutta, un modello utile per studiare infezioni umane a livello delle cellule e molecole.

I ricercatori hanno scoperto che la gravità delle infezioni batteriche è stata ridotta nei moscerini della frutta alimentati con estratto di mirtillo rosso ricco di PAC, rispetto ai moscerini della frutta che non sono stati trattati. Inoltre, i moscerini alimentati con estratto di mirtilli sono vissuti più a lungo.

Ulteriori indagini hanno rivelato che i composti PAC presenti nei mirtilli interrompono un processo di comunicazione cellulare chiamato “quorum sensing”, che costituisce un anello essenziale di una catena di eventi coinvolti nella diffusione e gravità delle infezioni batteriche croniche.

La ricerca si è concentrata su un batterio chiamato Pseudomonas aeruginosa, che può causare infezioni in pazienti ricoverati in ospedale e nelle persone con un sistema immunitario debole.

Implicazioni nella resistenza agli antibiotici

Le infezioni da Pseudomonas sono generalmente trattate con antibiotici. Tuttavia, a causa della crescente resistenza agli antibiotici, queste e altre infezioni batteriche nosocomiali stanno diventando sempre più difficili da trattare.

Negli Stati Uniti, ci sono circa 51.000 casi di infezioni nosocomiali da P. aeruginosa, ogni anno. Di questi, circa il 13 per cento sono multi-farmaco resistenti e circa 400 morti sono dovute a queste infezioni.

Nel loro documento, i ricercatori discutono la rilevanza dei loro risultati rispetto al problema della resistenza ai farmaci. Essi hanno scoperto che i composti PAC presenti nei mirtillo interrompono il ‘quorum sensing batterico’, ma non uccidono le cellule, semplicemente interrompono la loro comunicazione e diffusione.

I ricercatori  suggeriscono che questo potrebbe essere importante perché uno dei motivi per cui gli antibiotici convenzionali portano alla resistenza ai farmaci è perché uccidono i batteri.

Tuttavia, gli autori sottolineano anche che sarebbe “ingenuo presumere” che, interrompendo il quorum sensing si possa superare la pressione selettiva che potrebbe portare alla resistenza contro i farmaci che agiscono utilizzando questo meccanismo.

Tuttavia, i risultati sono utili, nel senso che “espandono le nostre strategie per la lotta contro la resistenza dei patogeni attraverso l’individuazione di nuovi agenti anti-microbici e anti-virulenza”, aggiunge il ricercatore.

“Questo significa che i mirtilli potrebbero essere utilizzati per gestire le infezioni e, potenzialmente, ridurre al minimo la dipendenza da antibiotici nella popolazione globale”, conclude il co-autore senior Prof. Nathalie Tufenkji,della McGill University

Lo studio è stato finanziato dal Natural Sciences and Engineering Research Council in Canada,dal  the Wisconsin Cranberry Board e dal the Cranberry Institute.

Fonte: Nature

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