Quando nuove particelle virali dell’AIDS germogliano da una cellula infetta, un enzima chiamato proteasi si attiva per aiutare i virus a maturare ed infettare altre cellule. Ecco perché i moderni farmaci anti-AIDS controllano la malattia inibendo la proteasi.
Ora, ricercatori dell’Università di Utah hanno trovato un modo per trasformare la proteasi in un’arma a doppio taglio: essi hanno dimostrato che se si ritarda la gemmazione di nuove particelle di HIV, sarà la proteasi stessa a distruggere il virus invece di aiutarlo a diffondersi. Questa scoperta potrebbe portare, in circa un decennio, a nuovi tipi di farmaci per l’AIDS con minori effetti collaterali.
“Potremmo usare il potere della proteasi per distruggere il virus”, dice il virologo Saveez Saffarian, Professore associato di fisica e astronomia presso la University of Utah e autore senior dello studio pubblicato oggi da PLoS Pathogens.
I cosiddetti cocktail o miscele di inibitori della proteasi sono emersi nel 1990 ed hanno trasformato la sindrome da immunodeficienza acquisita in una malattia cronica gestibile. Ma gli effetti collaterali dei trattamenti attuali includono diarrea, nausea, eruzioni cutanee, mal di stomaco, tossicità epatica, mal di testa, il diabete e febbre.
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” Gli effetti collaterali delle terapie standard per il trattamento dell’AIDS sono molti e inoltre, il virus diventa spesso resistente agli inibitori della proteasi”, dice Mourad Bendjennat, Professore fisica e astronomia e primo autore dello studio.
Bendjennat aggiunge che scoprendo il meccanismo molecolare con cui la proteasi interagisce con il virus dell’HIV, “stiamo sviluppando un nuovo approccio che riteniamo possa essere molto efficace nel trattamento della diffusione del virus HIV”.
Tuttavia, i ricercatori sottolineano che la ricerca è di base e che sarà necessario almeno un decennio prima che ulteriori ricerche possano sviluppare il nuovo approccio in trattamenti per l’ AIDS
Capire il ruolo delle proteasi nella gemmazione dell’HIV
All’interno di una cellula infetta da HIV, nuove particelle virali sono costruite in gran parte con una proteina chiamata Gag. Enzimi proteasi sono incorporati nelle nuove particelle virali e vengono attivati dopo che le nuove particelle “germinano”.
Le particelle iniziano a germogliare dalla cellula ospite in un contenitore chiamato vescicola, il cui collo si separa dalla membrana esterna della cellula infettata. “Una volta che le particelle vengono rilasciate, le proteasi vengono attivate e le particelle si trasformano in HIV maturo e contagioso”, spiega Saffarian.
“C’è un meccanismo interno che determina l’attivazione della proteasi, che non è stato ancora ben compreso”, aggiunge il ricercatore. “Abbiamo scoperto che se si rallentare il processo di gemmazione, la proteasi si attiva mentre la particella HIV è ancora collegata alla membrana esterna della cellula infettata dell’ospite. Di conseguenza, tutte le proteine all’interno del nascente particelle HIV e gli enzimi essenziali refluiscono nella cellula ospite. La particella continua a germogliare fuori dalla cellula, ma non è più infettiva perché non ha gli enzimi necessari per maturare “.
Le nuove cellule di HIV hanno bisogno di proteine ESCRTs per “germogliare”
Gli scienziati hanno scoperto che potevano rallentare la germinazione di particelle di HIV interferendo con il modo in cui esse interagiscono con le proteine ESCRTs ” proteine endosomali definite complessi necessari per il trasporto”. ( L’endosoma è un corpo vescicolare, presente nella cellula, il cui compito è quello di partecipare all’ endocitosi, ovvero al meccanismo cellulare che permette il transito attraverso la membrana, di macromolecole e corpuscoli le cui dimensioni non consentono l’ingresso attraverso i meccanismi del trasporto di membrana).
Queste proteine aiutano le particelle dell’ HIV ad uscire dalla cellula ospite infetta.
Saffarian afferma; ” Secondo il dogma scientifico, rovinare le interazioni del virus con queste proteine impedisce la germinazione della particelle di HIV ed esse, in modo permanente, restano bloccate sulla membrana della cellula ospite, invece di essere rilasciate”.
“Abbiamo scoperto che l’HIV rilascia particelle anche quando le interazioni con le proteine ESCRTs sono intenzionalmente compromesse, però, con un gran ritardo”, dice Saffarian. ” Le particelle restano bloccate per un po’ e poi vengono rilasciate. Ed è proprio mentre restano bloccate che perdono i loro enzimi interni prodotti dall’attivazione della proteasi e per questo, perdono anche la loro infettività”.
Bendjennat spiega: ” Questo meccanismo, “ritardare la germinazione delle particelle dell’HIV ” quando la proteasi viene attiva, ci permette di rendere i nuovi virus rilasciati non infettivi”.
Per gli esperimenti sono state utilizzate cellule della pelle umana in coltura. E’ noto che le nuove particelle di HIV si assemblano allo stesso modo anche se la cellula ospite infetta è una cellula della pelle.
Bendjennat e Saffarian hanno geneticamente modificato le proteine Gag. Una singola particella di HIV è composta di circa 2.000 proteine Gag e 120 copie di proteine note come Gag-Pol, così come informazioni genetiche sotto forma di RNA. Pol comprende proteasi, trascrittasi inversa e integrasi – le proteine che l’HIV utilizza per replicarsi.
Le proteine Gag mutanti sono state progettate per interagire in modo anomalo con due diverse proteine chiamate Alix e Tsg101.
Una nuova particella HIV normalmente impiega cinque minuti per essere rilasciata da una cellula infettata.
Quando i ricercatori hanno interferito con ALIX, il rilascio è stato ritardato di 75 minuti, riducendo della metà l’infettività della nuova particella virale. Quando gli scienziati hanno interferito con Tsg101, il rilascio è stato ritardato di 10 ore e le nuove particelle di HIV non erano contagiose.
Gli scienziati hanno anche dimostrato che la velocità di emissione di particelle HIV da una cellula infetta dipende dalla quantità di carico di enzima che esse portano sotto forma di proteine Pol.
“Quando il carico è grande, la particella del virus ha bisogno di più aiuto da parte delle proteine endosomali ESCRTs per essere rilasciata in modo tempestivo”, dice Saffarian.
“Poiché l’HIV trasporta un carico di grandi dimensioni, dipende dalle proteine ESCRTs liberare le particelle da una cellula infetta ed è per questo che esse sono buoni obiettivi per i farmaci che hanno come obiettivo ritardare il rilascio di nuove particelle e lasciare le proteasi HIV refluire nella cellula ospite affinchè siano prodotte nuove particelle HIV non infettive”, aggiunge il ricercatore.
Secondo il nuovo studio, il giusto approccio è quello di utilizzare farmaci per l’inibizione di ESCRTs per ritardare il rilascio di HIV invece di bloccarlo, rendendo le nuove cellule non infettive.” Questi farmaci hanno anche un minor numero di effetti collaterali tossici”, aggiunge il ricercatore.
Fonte:University of Utah