I ricercatori hanno ridotto con successo i sintomi e rallentato la progressione della malattia di Huntington nei topi, utilizzando cellule del cervello umano sano. I risultati, che sono stati pubblicati oggi sulla rivista Nature Communications e potrebbero infine tradursi in un nuovo metodo per la cura della malattia.
La nuova strategia è stata realizzata attraverso l’impianto di cellule gliali umane sane derivate da cellule staminali, negli animali modello della malattia di Huntington.
“Le cellule della glia, dette anche cellule gliali o neuroglia, sono cellule che, insieme ai neuroni, costituiscono il sistema nervoso. Hanno funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, assicurano l’isolamento dei tessuti nervosi e la protezione da corpi estranei in caso di lesioni. Per oltre un secolo, gli scienziati hanno ritenuto che non avessero alcun ruolo nella trasmissione dei segnali elettrici; ma recenti studi hanno screditato questa teoria, anche se il loro meccanismo di funzionamento non è stato ancora ben compreso. La riproduzione delle cellule della glia avviene molto frequentemente per mitosi, contrariamente ai neuroni che non si riproducono”.
“Il ruolo che le cellule gliali svolgono nella progressione della malattia di Huntington non è mai stato esplorato”, ha affermato Steve Goldman, MD, Ph.D., Co-direttore della University of Rochester Center for Translational Neuromedicine.” Questo studio dimostra che queste cellule non sono solo attori importanti nella malattia, ma possono anche essere la chiave per nuove strategie di trattamento”.
La malattia di Huntington è una malattia neurodegenerativa ereditaria che è strettamente caratterizzata dalla perdita di una specifica cellula nervosa nel cervello che svolge un ruolo fondamentale nel controllo dei neuroni motori chiamati neuroni medi spinosi. I sintomi della malattia comprendono movimenti involontari, problemi di coordinazione, il declino cognitivo e depressione. Non vi è attualmente alcun modo per rallentare o modificare questa malattia devastante. ( vedi anche Da cellule di maiale la base per nuove potenziali cure per la Malattia di Huntington )
La maggior parte dei danni causati dalla malattia di Huntington si verificano in una regione del cervello chiamata corpo striato.
“Lo striato o corpo striato detto anche nucleo della base e nucleo caudale, è una componente sottocorticale del telencefalo. È la stazione di input più importante del sistema dei nuclei della base, che comprendono anche la ‘pars reticulata della Substantia nigra’ e il subtalamo. Il corpo striato è un voluminoso insieme di nuclei che deve il nome alla sua particolare organizzazione strutturale: esso è infatti composto da un’alternanza di formazioni grigie intersecate da fasci di sostanza bianca, che conferiscono alla struttura quel particolare aspetto “striato”. Il corpo striato viene anatomicamente assegnato al lobo frontale“.
I ricercatori hanno osservato che i neuroni medi spinosi del corpo striato muoiono a causa della malattia e che le vicine cellule gliali chiamate astrociti si ammalano di conseguenza e non funzionano correttamente. Tuttavia, non era stato chiarito se gli astrociti malati contribuiscono ai segni e sintomi della malattia.
I ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti in cui hanno isolato cellule gliali umane – le cellule del sistema nervoso centrale che danno origine agli astrociti – sia dalle cellule staminali embrionali che dal tessuto cerebrale e le hanno impiantate nelle cellule del corpo striato di topi con malattia di Huntington.
I ricercatori hanno scoperto che le cellule gliali umane trapiantate in topi con la mutazione della malattia di Huntington hanno contribuito a proteggere i neuroni ed esteso la sopravvivenza degli animali. Essi hanno inoltre condotto una serie di test volti a misurare le competenze, il comportamento, la memoria e le abilità motorie dei topi trapiantati con cellule gliali umane sane ed i risultati sono apparsi significativamente migliori rispetto ai topi non trattati, con la malattia di Huntington.
Viceversa, quando i topi sani sono stati impiantati con cellule gliali umane che trasportano la mutazione genetica che causa la malattia di Huntington, gli animali hanno sviluppato i sintomi e sono stati esposti alla malattia.
I ricercatori ritengono che le cellule gliali sane umane sono in grado di stabilizzare e forse anche salvare i neuroni, ripristinando la normale funzione di segnalazione che si perde durante la malattia. Una complessa serie di interazioni chimiche sono necessarie per la comunicazione tra le cellule nervose. Questa attività richiede che i neuroni possano continuamente regolare e riequilibrare le concentrazioni di sostanze chimiche importanti come il potassio. I neuroni spinosi medi sono iperattivi nella malattia di Huntington a causa di un difetto genetico che impedisce al potassio di entrare nelle cellule in quantità sufficienti – una condizione che dà luogo alla perdita di controllo dei neuroni motori con lo sviluppo di sintomi cognitivi della malattia e la produzione di una reazione a catena tossica che alla fine uccide le cellule nervose.
Uno dei ruoli degli astrociti è quello di funzionare come una spugna e assorbire il potassio dallo spazio circostante i neuroni e creare un ambiente che impedisce ai neuroni di diventare iperattivi. Tuttavia, questa funzione è compromessa nelle cellule gliali nella malattia di Huntington. Gli scienziati hanno scoperto che le cellule gliali sane trapiantate sono state in grado di ristabilire il normale assorbimento di potassio e quindi ripristinare l’attività delle cellule neuronali e salvarle dalla morte sicura causata dalla ipereccitabilità.
Poichè le cellule gliali hanno dimostrato di migrare e proliferare in tutto il cervello, una volta impiantate, questi risultati potrebbero preannunciare un potenziale nuovo approccio per salvare le cellule nervose minacciate dalla malattia.
“I risultati di questo studio ci suggeriscono che potremmo essere in grado di migliorare la funzione e ritardare la progressione della malattia di Huntington con trapianti di cellule gliali sane”, ha cocluso Goldman.
Fonte: Rochester University