Negli ultimi anni è stato evidenziato un ruolo della flora batterica intestinale nella patofisiologia dell’obesità. In condizioni normali il tubo digerente è abitato da miliardi di microrganismi che svolgono svariate funzioni benefiche per il corpo umano e che vengono definiti oltre che come flora batterica intestinale, anche come microbiota. Alterazioni nella composizione del microbiota sono state associate a vari disordini metabolici, come obesità e diabete di tipo 2. Per quanto riguarda l’obesità, la massiccia espansione patologica del tessuto adiposo che si verifica è correlata a uno stato infiammatorio che si riflette in una maggiore produzione di citochine, chemochine e acidi grassi pro-infiammatori.
Questo provoca uno squilibrio tra fattori pro e anti-infiammatori prodotti da parte dei leucociti, promuovendo ulteriormente l’infiammazione e la disfunzione del tessuto adiposo. Alterazioni della flora intestinale possono danneggiare la funzione barriera determinando il passaggio di sostanze che provocano l’infiammazione del tessuto. Sulla base di queste considerazioni, ricerche condotte nell’ultimo decennio hanno ipotizzato che il microbiota intestinale possa avere un ruolo nello sviluppo della sindrome metabolica, una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di vari fattori di rischio quali obesità, ipertrigliceridemia, riduzione del rapporto tra colesterolo HDL e colesterolo LDL, ipertensione, iperglicemia a digiuno e insulino-resistenza. Recentemente è stato supposto che alcuni aspetti della sindrome metabolica abbiano origine da cambiamenti nella flora intestinale e nella sua funzione di barriera.
La varietà e il numero di microrganismi che costituiscono la flora intestinale sono determinate sia dal background genetico che dallo stile di vita, come ad esempio la dieta. Ogni individuo ha un proprio “corredo” di microrganismi e differenze significative sono state riscontrate nel microbiota di soggetti normopeso rispetto a soggetti obesi.
Qual’ è quindi il legame tra alimentazione, microbiota ed obesità?
Uno studio condotto recentemente ha dimostrato che un’alimentazione ad alto contenuto di grassi può modificare la composizione della flora intestinale. Analizzando topi sottoposti ad una dieta al 45 % di grassi per 3, 6, 12 e 16 settimane, gli autori hanno osservato un incremento del peso corporeo e del tessuto adiposo particolarmente importante dopo 12 settimane. Dopo 3 settimane si è verificato un aumento dei marcatori dell’infiammazione e un’alterazione del metabolismo del tessuto adiposo suggerendo che una dieta iperlipidica determina cambiamenti nell’espressione di geni chiave coinvolti nell’infiammazione, nell’ossidazione degli acidi grassi e nella
lipogenesi.
Analizzando la composizione della flora intestinale dei topi sottoposti all’esperimento, è stata osservata una marcata riduzione del numero di batteri di diverse specie, in particolare Akkermansia muciniphila che diminuisce di circa 10000 volte rispetto al valore iniziale. Ciò che sorprende è che a una riduzione dei livelli di Akkermansia muciniphila corrisponde una diminuzione dei livelli dei parametri coinvolti nell’ossidazione degli acidi grassi e un incremento dei marcatori di infiammazione, di sintesi dei lipidi, di insulino-resistenza, di rischio cardiovascolare e di adiposità.
Oltre alla quantità dei lipidi somministrata, sembra importante anche la qualità. Nei topi sottoposti ad un regime alimentare ricco di grassi animali i livelli di Akkermansia muciniphila si riducono significativamente, mentre in quelli nutriti con una dieta ricca di olio di pesce i livelli di questo ceppo batterico aumentano in modo drastico. Questi dati supportano altre evidenze presenti in letteratura sottolineando l’importanza e la necessità di chiarire i meccanismi che causano le alterazioni a livello della flora intestinale in caso di obesità. Allo stesso tempo occorre verificare se tali risultati sono trasferibili all’uomo e se specifici approcci dietetici e alimenti probiotici possano essere utilizzati per modificare favorevolmente il microbiota intestinale, in modo tale da ridurre o contenere il processo infiammatorio a carico del tessuto adiposo prevenendo l’alterazione del metabolismo e l’aumento di peso correlati all’obesità.
Dott.ssa Chiara Ferretti
Fonti:
Akkermansia muciniphila inversely correlates with the onset of inflammation, altered adipose tissue metabolism and metabolic disorders during obesity in mice, M.
Schneeberger, A. Everard, A. G. Gómez-Valadés, S. Matamoros, S. Ramírez, N. M. Delzenne, R. Gomis, M. Claret, P. D. Cani, Sci Rep, 2015 Nov 13;5:16643.