Persone con diagnosi di schizofrenia possono contare su un trattamento con farmaci antipsicotici per gestire i loro sintomi.Ma nonostante i loro benefici, i farmaci antipsicotici possono anche avere alcuni effetti negativi sulla struttura o funzione cerebrale, se assunti per lunghi periodi di tempo.
Infatti, ” il ruolo svolto dal trattamento antipsicotico sulla traiettoria fisiopatologica di anomalie cerebrali nella schizofrenia è attualmente oggetto di vivace dibattito”, spiega il dottor Antonio Vita, Professore di Psichiatria presso l’Università di Brescia, Direttore dell’Unità di Psichiatria presso Spedali Civili di Brescia e primo autore di uno studio che affronta questo argomento.
La ricerca è stata pubblicata in Biological Psychiatry.
E’ chiaro, da studi di risonanza magnetica trasversali e longitudinali, che i pazienti con schizofrenia mostrano progressive alterazioni strutturali del cervello. I risultati indicano che il minor volume della materia grigia o maggiore perdita di materia grigia nel corso del tempo, sono associati con la durata del trattamento antipsicotico o con l’assunzione cumulativa di antipsicotici.
Tuttavia, la maggior parte di questo prima letteratura, non ha preso in considerazione l’impatto potenziale di una prescrizione di antipsicotici di prima generazione o di seconda generazione. Queste due classi di farmaci sono trattamenti altrettanto efficaci, ma hanno differenti proprietà farmacologiche e, pertanto, funzionano in modo diverso nel corpo.
Vita ed i suoi colleghi hanno elaborato imaging da diciotto studi che hanno coinvolto un totale di 1155 pazienti con schizofrenia e 911 soggetti sani di controllo, al fine di valutare l’influenza degli antipsicotici sui cambiamenti della materia grigia, nel tempo.
Come previsto, la loro analisi ha confermato che i pazienti con schizofrenia mostrano progressiva perdita di materia grigia corticale rispetto ai controlli sani e che essa è collegata all’assunzione cumulativa di di antipsicotici, durante l’intervallo tra le scansioni di immagini.
È interessante notare che una maggiore perdita di materia grigia è stata correlata con una maggiore dose media giornaliera negli studi che hanno incluso i pazienti trattati con antipsicotici di prima generazione, mentre l’effetto contrario, cioè, la minor perdita è stata osservata negli studi in cui i pazienti sono stati trattati con antipsicotici di seconda generazione.
Questo risultato è coerente con i risultati di diversi studi sugli animali e alcuni studi clinici che indicano che gli antipsicotici di seconda generazione possono avere un effetto neuroprotettivo sul cervello.
“La possibilità che i farmaci antipsicotici possono avere effetti a lungo termine sulla struttura o funzione del cervello che potrebbero essere utili o dannosi, è una questione importante che merita ulteriori approfondimenti poichè i cambiamenti che questi farmaci provocano rimarranno per decenni”, ha spiegato il dottor John Krystal, redattore di Biological Psychiatry.
“Anche se questo è un risultato clinicamente significativo, molte questioni rimangono da chiarire: per esempio, noi ancora non sappiamo se gli effetti sul cervello degli antipsicotici variano in funzione dell’età e dello stadio della malattia o se possono verificarsi solo quando una certa soglia di esposizione (dose giornaliera o dose cumulativa) viene raggiunta”, ha aggiunto il Dottor Vita.
“Il chiarimento di questi dubbi avrà un’importanza cruciale nella gestione clinica della schizofrenia e consentirà una migliore comprensione dei meccanismi alla base della progressione delle anomalie strutturali del cervello nella malattia”.
Fonte:
- Antonio Vita, Luca De Peri, Giacomo Deste, Stefano Barlati, Emilio Sacchetti. The Effect of Antipsychotic Treatment on Cortical Gray Matter Changes in Schizophrenia: Does the Class Matter? A Meta-analysis and Meta-regression of Longitudinal Magnetic Resonance Imaging Studies. Biological Psychiatry, 2015; 78 (6): 403 DOI:10.1016/j.biopsych.2015.02.008