Uno studio, condotto da ricercatori dell”Università di Verona e dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, ha individuato le cause genetiche che determinano l’infarto giovanile.
La ricerca è stata pubblicata nei giorni scorsi, sulla rivista scientifica “Nature”
Il nuovo studio, coordinato da Sekar Kathiresan dell’Università di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology di Boston, si è concentrato sull’infarto giovanile o “precoce”, ovvero che insorge prima dei 50 anni negli uomini e prima dei 60 anni nelle donne. Il ruolo dei fattori genetici, nello sviluppo della condizione, è di notevole importanza. Per questa ragione, i casi di infarto giovanile rappresentano un modello ideale per lo studio del Dna nell’infarto.
Nell’ambito delle malattie cardiovascolari, l’infarto del miocardio rappresenta la prima causa di morte: oltre 7 milioni di decessi ogni anno. Un ruolo importante nello sviluppo della condizione è attribuito ai fattori genetici che sono responsabili di circa il 40% del rischio di sviluppare l’infarto stesso.
I ricercatori dell’Università di Verona e della locale Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, conducono da anni ricerche sulla genetica dell’infarto nell’ambito di uno studio sul cuore noto in tutto il mondo come “Verona Heart Study.
Dopo avere individuato negli ultimi anni diverse varianti genetiche comuni, associate a un rischio moderato di sviluppo di infarto, i ricercatori si sono concentrati sulle varianti relativamente più rare, ma a rischio più elevato. “Ciò – spiegano – è stato possibile applicando metodiche di sequenziamento del Dna di ultima generazione (Next Generation Sequencing o Ngs) per lo studio degli “esoni”, ossia delle regioni dell’intero Dna che controllano la produzione di tutte le proteine che compongono l’organismo umano. Grazie a queste sofisticate metodiche, i ricercatori hanno individuato due geni particolarmente importanti nello sviluppo dell’infarto miocardico. Il primo è il gene che codifica per il recettore del colesterolo “cattivo” o colesterolo Ldl. Le mutazioni che inattivano questo gene causano una ridotta rimozione dal sangue del colesterolo Ldl, che si accumula nelle arterie causandone l’ostruzione e l’infarto”.
In precedenza, i ricercatori avevano ritenuto che le mutazioni del gene Ldlr fossero molto rare.
“Questo studio – continuano i ricercatori – dimostra invece che esse sono presenti nel 2% della popolazione generale e che i soggetti che ne sono portatori sono a rischio elevato di sviluppare un infarto giovanile,indipendentemente da stili di vita scorretti. Le nuove metodiche di sequenziamento del DNA permettono ora, di individuare tali mutazioni e di effettuare una diagnosi precoce, necessaria per intervenire e prevenire lo sviluppo dell’infarto.
L’altro gene individuato è quello che controlla la sintesi di una proteina denominata apolipoproteina A5 (Apoa5) che è associata al trasporto nel sangue dei trigliceridi. ” Le mutazioni di Apoa5 – spiegano i ricercatori – impediscono la degradazione dei trigliceridi e ne aumentano la concentrazione nel sangue, favorendo anche in questo caso la formazione di placche vascolari che rappresentano la base su cui si sviluppa infine l’infarto. La scoperta di Apoa5 come gene implicato nell’infarto conferma il ruolo causale dei trigliceridi nello sviluppo della malattia, in aggiunta a quello più noto del colesterolo “cattivo, e apre prospettive terapeutiche nuove per quei malati nei quali il solo controllo dei livelli di colesterolo sembra non essere sufficiente”.
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