Le difficoltà di apprendimento e di memoria in situazione di stress cronico, sono causate dall’azione di un enzima che indebolisce i collegamenti fra i neuroni e rende labili i meccanismi di plasticità sinaptica necessari all’acquisizione delle nuove informazioni. Questo meccanismo protegge i neuroni di fronte agli stress acuti, ma ha effetti negativi a lungo termine.
L’enzima è stato identificato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze dell’École Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL), in Svizzera. I ricercatori si sono concentrati sull’attività dell’enzima nell’ippocampo, la regione del cervello coinvolta nei processi della memoria.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.
Lo stress cronico provoca un enorme rilascio di glutammato, che agisce come neuromediatore eccitatorio a livello cerebrale ed è di stimolo all’attività dei neuroni.
I ricercatori Ian Charest e colleghi hanno scoperto che i recettori NMDA del glutammato, una volta raggiunti dalla sostanza, attivano un enzima chiamato MMP-9 che agisce come un forbice su un particolare tipo di proteine, la proteina nectina-3..
La nectina-3 è una proteina di adesione cellulare che garantisce la tenuta delle giunzioni fra neuroni, le sinapsi e di conseguenza, stimola un’efficiente comunicazione fra di essi. Una volta tagliata, però, non riesce più a svolgere il suo compito.
La funzione dell’enzima MMP-9 è quella di evitare che le eccessive quantità di glutammato rilasciate in caso di stress acuto, superino la soglia di sicurezza. Se lo stress è cronico, MMP-9 rende inefficiente la plasticità sinaptica necessaria per acquisire in modo sabile nuove informazioni, causando i sintomi di difficoltà cognitiva legati allo stress.
I ricercatori hanno identificato questo meccanismo in vitro ed in seguito in vivo su un gruppo di topi che, dopo essere stati esposti ad un ambiente stressante, hanno dimostrato di recuperare le loro capacità cognitive dopo il trattamento con farmaci che potenziavano l’espressione della proteina nectina-3 oppure inibivano la produzione di MMP-9.
“L’identificazione di questo meccanismo suggerisce potenziali trattamenti per i disturbi neuropsichiatrici collegati a stress cronico come la depressione”, spiega Carmen Sandi, responsabile dello studio.
Fonte Nature Communications.