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Cervello e sistema nervoso

Promettenti biomarcatori predicono il rischio di suicidio

 In questa recensione, pubblicata in concomitanza con il lancio della rivista Lancet Psychiatry, il professor Kees van Heeringen della Università di Ghent in Belgio e John Mann della Columbia University negli Stati Uniti, discutono la teoria dello stress-diatesi del suicidio, in cui una predisposizione o diatesi, interagisce con esperienze di vita stressante e malattia psichiatrica acuta, fino a causare comportamenti suicidi.

 La teoria spiega perché solo una piccola minoranza di persone sono a rischio di togliersi la vita dopo l’esposizione a tali fattori di stress.

Gli autori discutono le cause della diatesi o predisposizione al comportamento suicidario, che possono includere effetti genetici e l’impatto a lungo termine sul cervello e sul comportamento, delle avversità dei primi anni di vita (ad esempio, l’abuso fisico e sessuale). Inoltre, essi delineano diversi fattori neurobiologici che possono svolgere un ruolo in questa predisposizione al comportamento suicidario. Ad esempio, studi post-mortem e di neuroimaging hanno identificato cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello di individui con una storia di comportamento suicidario che possono influire sulla regolazione dell’umore, la risposta allo stress e il processo decisionale. Essi includono deficit biochimici in funzione della serotonina e l’asse ipotalamo/ ipofisi surrenale (HPA), in risposta allo stress. Gli autori suggeriscono che queste anomalie potrebbero essere utilizzate in futuro per sviluppare biomarcatori che possono aiutare a predire chi è a rischio di perdere la propria vita e che possono servire come bersaglio per il trattamento.

Secondo il professor van Heeringen, “in tutto il mondo, oltre un milione di persone ogni anno muoiono per suicidio. Dato che non ci sono affidabili test clinici per identificare le persone che potrebbero essere più predisposti al suicidio, genetica e biomarcatori da imaging cerebrale, offrono le più promettenti indicazioni per individuare soggetti ad alto rischio e per individuare i trattamenti più personalizzati per prevenire il comportamento suicida “.

Fonte The neurobiology of suicideLancet Psychiatry, May 2014 DOI: 10.1016/S2215-0366(14)70220-2

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