Una nuova ricerca sui topi suggerisce che l’autismo è caratterizzato da una ridotta attività di neuroni inibitori e aumentata attività dei neuroni eccitatori nel cervello e che l’ equilibrio tra questi neuroni, può essere ripristinato con basse dosi di una ben nota classe di farmaci attualmente utilizzati in dosi molto elevate per trattare l’ansia e crisi epilettiche.
I risultati, che indicano un nuovo approccio terapeutico per la gestione dell’ autismo, sono stati riportati sulla rivista Neuron.
“Questi risultati sono molto interessanti perché suggeriscono che i farmaci esistenti – chiamati benzodiazepine – potrebbero essere utile nel trattamento dei deficit fondamentali dell’ autismo”, dice l’autore senior dello studio, il Dr. William Catterall della University of Washington, a Seattle.
Oltre a trovare che i topi con caratteristiche autistiche hanno uno squilibrio tra i neuroni inibitori ed eccitatori nel cervello, il Dott. Catterall e il suo team ha scoperto che la riduzione dell’ efficacia dei neuroni inibitori nei topi normali, ha anche indotto alcuni deficit legati all’ autismo, nel comportamento sociale. Farmaci benzodiazepinici classici hanno avuto l’effetto opposto: hanno aumentato l’attività dei neuroni inibitori e diminuito i comportamenti autistici.
“I nostri risultati forniscono una forte evidenza che l’aumento della neurotrasmissione inibitoria è un approccio efficace per il miglioramento delle interazioni sociali, comportamenti ripetitivi e deficit cognitivi in un modello animale affetto da consolidato autismo, che ha alcune caratteristiche comportamentali simili a quelli dell’autismo umano,” dice il Dott. Catterall .
Approcci terapeutici per il trattamento di tratti autistici in studi su animali o in studi clinici si sono concentrati principalmente sulla riduzione dell’attività dei neuroni eccitatori, con modesto successo fino ad oggi. I risultati riportati dal Dott. Catterall ed i suoi colleghi suggeriscono che l’aumento dell’attività dei neuroni inibitori opposti, potrebbe essere una strategia alternativa.
Gli studi clinici sulle benzodiazepine classiche e farmaci di nuova generazione che hanno un meccanismo d’azione simile, sono ora necessari per determinare se i risultati ottenuti dai ricercatori sui topi sono rilevanti per gli esseri umani.
Fonte
- Neuron , marzo 2014 DOI: 10.1016/j.neuron.2014.01.016