Quasi il 12% di pazienti, tra il 2001 ed il 2009, è stato salvato da morte per arresto cardiaco improvviso, secondo uno studio della Mayo Clinic che sarà presentato al prossimo Annual Meeting 2012 a New Orleans. Il raffreddamento terapeutico, in caso di arresto cardiaco improvviso, rallenta il metabolismo del corpo, previene danni al cervello e la morte, sopprimendo reazioni chimiche nocive nel cervello e preservando le cellule. Due studi importanti, pubblicati nel 2012, hanno evidenziato una maggiore efficacia dell’ipotermia terapeutica in pazienti colpiti da arresto cardiaco improvviso, rispetto alle terapie tradizionali. Per lo studio, i ricercatori hanno utilizzato un data base che riguarda più di 1 milione di pazienti ospedalizzati. I dati hanno dimostrato che i decessi sono diminuiti del 12% in caso di malattia e che il 67% di morti del 2001, si è ridotto al 57,8% nel 2009 con la terapia ipotermica. Poichè è stato analizzato un gran numero di casi, gli scienziati sono fiduciosi che la riduzione di mortalità sia significativa e duratura. L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di morte nel mondo. Solo il 7% dei pazienti colpiti sopravvive e spesso subisce danni cerebrali irreversibili. Uno studio della Mayo Clinic, fornisce una guida per i medici che utilizzano il raffreddamento terapeutico in pazienti con arresto cardiaco improvviso. Una delle preoccupazioni circa l’uso della terapia ipotermica è che potrebbe ritardare il post evento del risveglio. In aggiunta ai dati raccolti, i ricercatori riferiscono che in caso di terapia ipotermica, il tempo del risveglio è di circa due giorni sia in pazienti trattati che in pazienti non trattati e che il 64% dei pazienti trattati con ipotermia indotta è sopravvissuta alla malattia, rispetto al 24% dei pazienti non trattati. Secondo lo studio, l’improvviso arresto cardiaco colpisce più del cancro al seno, del cancro alla prostata, del cancro colon retto, dell’AIDS e degli incidenti stradali messi insieme.Solo il 7% delle persone colpite sopravvive, anche se più del 50% dei pazienti potrebbe sopravvivere se le misure di ipotermia fossero adottate immediatamente dopo l’arresto cardiaco.